mercoledì 30 marzo 2022

Modello 4 elettronico: guida per proprietari

 Visti i recenti cambiamenti nelle normative (obbligo di Modello 4 elettronico per gli spostamenti e novità a livello informatico) ho provato a redarre una guida per districarsi nel variegato mondo del trasporto equidi dal punto di vista del singolo proprietario. Via via che i vari enti vengono riformati (APA, ASL e via dicendo) è sempre più doveroso e necessario sapere come operare per conto nostro (detentori e proprietari) a livello informatico. In questo caso tramite SPID ed il portale VetInfo.

Ecco il link alla guida: http://www.dmax3d.com/blogequestre/modello4elettronico/guida_mod4_proprietari.pdf



sabato 15 dicembre 2018

lunedì 22 aprile 2013

Il Ritmo


Traduzione dell'articolo di Philippe Karl apparso in Germania nella rivista "Dressur-Studien", settembre 2011.

Potete consultare l'originale al seguente link:
http://www.philippe-karl.com/modules/news/article.php?storyid=27&location_id=354&topicid=3


Il ritmo è uno dei criteri che conferiscono all'equitazione, come alla danza, valore estetico e ginnico. Su questo tema, le discussioni equestri si dimostrano più prolisse che utili a fare chiarezza. Qui cercheremo di essere concreti, studiando il RITMO all'andatura fondamentale del TROTTO.


COS'È IL RITMO?

Il ritmo è un fenomeno fisico relativo alla frequenza di un movimento. I movimenti oscillatori mantenuti nel tempo ne sono un'espressione, come per esempio il metronomo, o il bilanciere di un orologio a pendolo.

Al TROTTO (andatura saltata), la frequenza delle battute dipende da due fattori: la lunghezza della falcata ed il suo rimbalzo (tempo di sospensione).

A questo proposito, l'andatura si può rappresentare con un grafico (figura 1).

Figura 1: Oscillazioni del centro di gravità ad un trotto di base (cavallo che copre)


VARIAZIONI DEL RITMO

In assoluto, e per rapporto al trotto base di riferimento, il ritmo dell'andatura può variare come segue (Figura 2):

Figura 2: In rapporto al trotto di base,
variazioni del ritmo nelle differenti forme di trotto


TROTTO DI BASE
Velocità (V) Energia (E)
Falcate (F) Ritmo (R)

1)
TROTTO PRECIPITATO
V↑ E↑
F≈ R↑

TROTTO AFFRETTATO
V? E↑
F↓↓ R↑↑

2)
TROTTO LENTO (Jog)
V↓ E↓
F↓↓ R↓

3)
TROTTO ALLUNGATO
V↑ E↑
F↑ R↓

4)
TROTTO RIUNITO
V↓ E↑
F↓ R↓

PASSAGE
V↓↓ E↑↑
F↓↓ R↓↓






Conclusioni:
I casi 1 e 2 sono da evitare, perché:
  • Il trotto precipitato o affrettato genera contrazione e spreco di energie
  • Il trotto lento non è che un'espressione della pigrizia
Il casi 3 e 4 sono invece da coltivare, perché sono delle stilizzazioni energiche dell'andatura di base.
Quindi, partendo dal suo trotto di base, un cavallo potrebbe utilmente rallentare il suo ritmo: sia allungando le falcate, sia aumentando il rimbalzo.


FATTORI INFLUENTI SUL RITMO

LA TAGLIA (Figure 3a e 3b)
A parità di ampiezza del gioco delle spalle (o delle anche), più la taglia del cavallo aumenta e più la frequenza delle battute diminuisce. Di fatto, difficilmente si vedono cavalli di piccole dimensioni in competizioni di dressage.
Questo pone un problema di taglia (sic). Se si considera il ritmo come criterio assoluto, il cavallo piccolo (anche perfettamente messo) non avrà nessuna chance contro il grande (anche qualora il suo addestramento sia discutibile). Questo è giusto?

Figura 3a: Prendiamo un pendolo semplice con una massa (M) sospeso ad un filo di due lunghezze (L) differenti. Per dei piccoli angoli di oscillazione (α), la frequenza di oscillazione (e dunque il ritmo, R) dipende esclusivamente dalla lunghezza del pendolo, in modo inversamente proporzionale (alla radice quadrata della lunghezza del pendolo).
Dunque, più la lunghezza del pendolo è grande, più la frequenza d'oscillazione, sarebbe a dire il ritmo, è lenta.






Figura 3b: La stessa analisi del pendolo la si può applicare al cavallo: il suo ritmo è inversamente proporzionale alla (radice quadrata della) lunghezza delle sue gambe (L) e per questo alla lunghezza delle sue falcate (F).
A parità di ampiezza del gioco delle spalle (α), un piccolo cavallo dalle gambe corte avrà un ritmo più rapido e delle falcate più corte di un gran cavallo con lunghe gambe.










L'ATTITUDINE
Con la competizione e attraverso una selezione rigorosa, l'allevamento ha prodotto dei cavalli che hanno naturalmente un ritmo molto lento, in ragione di un trotto allungato e rimbalzante.
"L'allevamento deve produrre dei soggetti che presentino dalla nascita tutte le caratteristiche del cavallo addestrato" (Gustav RAU).
Si capisce il perché queste attitudini si paghino a peso d'oro.

L'ADDESTRAMENTO
Sfruttare un soggetto già dotato di andature spettacolari è qualcosa che può funzionare anche adottando espedienti scorretti. Stilizzare il trotto di cavalli dalle andature modeste, per non dire mediocri, è tutt'altra faccenda, che esige un'autentica scienza dell'addestramento.


COME STILIZZARE IL TROTTO DI CAVALLI MODESTI?

Per rallentare la frequenza delle falcate, due possibilità:
  • L'estensione del trotto: purtroppo, per la maggior parte dei cavalli modesti, non essendone capaci precipitano l'andatura.
  • Far rimbalzare il trotto (aumentare il tempo di sospensione n.d.t.): l'andatura si cadenza se le falcate guadagnano in elevazione quello che perdono in estensione. È la definizione più semplice della RIUNIONE: "l'attività nella lentezza". È dunque la sola via possibile.

ANALISI DEL FENOMENO "RIMBALZO"
Per accrescere il rimbalzo del trotto, il corpo del cavallo deve aumentare l'ampiezza dei suoi movimenti sul piano verticale. Il fenomeno è comparabile al funzionamento di una balestra montata su due molle, una sorta di "trampolino per cavalieri" (Figura 4).
Figura 4: Il "trampolino per cavalieri"

Dunque, più il trotto si riunisce, più la linea superiore (schiena, reni) si arcua nella fase ascendente (sostegno), e più si affossa nella fase discendente (appoggio).
Per sconcertante che possa sembrare, l'uno non può esserci senza l'altro.
In queste condizioni, si capisce facilmente come le basi diagonali in appoggio non possono in nessuna maniera accorciarsi.

NB. (Figura 5) Il concetto ufficiale che vuole che il cavallo riunisca il suo trotto arcuando la sua linea superiore, grazie all'avanzamento dei posteriori sotto la massa (base diagonale raccorciata dal dietro), rispecchia bene l'ossessione di una dottrina. È un dogma che serve a giustificare la prevalenza dell'uso delle gambe e l'impiego simultaneo degli aiuti propulsivi e contenitivi. La demi-parade ne è l'espressione più significativa. Problema: le leggi elementari della locomozione smentiscono categoricamente questo concetto.


Figura 5: Trotto riunito
Rosso: disegno ufficiale (FN, libro 1, p. 149) "Nella riunione c'è flessione delle anche. I posteriori avanzano ulteriormente sotto il corpo"
Verde: la realtà della locomozione














C'È RIUNIONE E RIUNIONE

È un fatto dimostrato di locomozione: la riunione del trotto aumenta (trotto di base → trotto riunito → trotto di scuola → passage) senza che MAI le basi diagonali si accorcino. Anzi, al passage brillante, sovente i posteriori si allontanano.
NB: La schiena del cavallo sale e scende con un'ampiezza massima, il passage esige dal cavaliere un assetto più che confermato.

Tuttavia, al PIAFFER, il cavallo rimane sul posto, quindi:
  • può (e deve) rimanere su basi raccorciate dai posteriori.
  • i posteriori restano sotto la massa e le anche flesse, la linea superiore rimane in allungamento.
  • schiena e reni restano convessi, l'insieme sale e scende molto poco. Il tempo di sospensione è minimo.
  • le oscillazioni del tronco sul piano orizzontale sono minime.
NB: È per questo che, nelle accademie di un tempo, i debuttanti cominciavano la loro messa in sella su un cavallo al piaffer tra i pilieri

Conclusioni:
La riunione nel trotto e nel passage non è una forma attenuata del piaffer: è un'altra cosa.
Ci sono due forme di riunione: quella che raccorcia le basi diagonali e mette il cavallo sulle anche (piaffer), e quella che mantiene le basi naturali (trotto riunito e passage).


COME FAR RIMBALZARE IL TROTTO?

Per riunirlo, il trotto rallenta il suo ritmo in ragione di una linea superiore che aumenta l'ampiezza dei suoi movimenti tanto verso l'alto quanto verso il basso.. con energia e decontrazione.
L'ingaggio dei posteriori non ha nulla a che vedere con il fenomeno, è la capacità di muovere verso l'alto le spalle che sarà determinante (ben inteso, associata ad un rilevamento dell'incollatura).

È il motivo per cui i cavalli dotati di una grande libertà di spalle e di un rimbalzo naturale, arrivano a fare il passage per un semplice gioco di transizioni ravvicinate (estensione del trotto ←→ trotto raccorciato).
Allora per migliorare il ritmo del loro trotto, i cavalli modesti dovranno passare per lo studio del passage (che stabilisce il rimbalzo), lui stesso ottenuto per la combinazione del trotto e del passo detto "spagnolo" (il solo esercizio che possa insegnare il movimento alternato verso l'alto delle spalle). Risultati garantiti! Ma che ha il solo inconveniente di attirare il disprezzo di quelli che si definiscono puristi.


ALLA FINE

Uno studio serio delle leggi della locomozione è illuminante. Permette di ricondurre bene dei dogmi equestri al loro giusto valore e rimette ugualmente al loro posto affermazioni perentorie che pretendono:
  • sia sufficiente utilizzare delle andature naturali brillanti per fare dell'equitazione classica
  • il ricorso al "passo spagnolo" (che regala dei risultati insperati su delle andature mediocri) quale espediente "da circo".

È un fatto. C'è il ritmo che si può comprare e il ritmo che bisogna meritare. Ma è vero che
"Si crede più facilmente a quello che non si comprende" (Tacito).

Philippe Karl, Agosto 2011


martedì 19 febbraio 2013

Fioretti e canne da pesca






Per una nuova equitazione "alla francese"

Traduzione dell'intervento di Patrice Franchet d'Esperey, écuyer del Cadre Noire di Saumur tenuta giovedì 8 dicembre 2011 nell'anfiteatro dell'Ecole Nationale d'Equitation in occasione della conferenza "Patrimoni dell'equitazione francese".

Potete consultare l'originale al seguente link:


INTRODUZIONE

L'equitazione sapiente, elaborata in Francia a partire dal XVI secolo e riportata in Italia dagli écuyers che avevano frequentato le accademie, coltiva l'ambizione di ritrovare, sotto il cavaliere, la bellezza delle andature e le attitudini del cavallo in libertà.

Il cavaliere, per arrivare a questo, deve imporre la sua volontà a una cavalcatura che essa stessa è sottoposta a vincoli strutturali (limiti fisici, ndt). Il suo scheletro è specializzato per la corsa e la sua corteccia sensoriale-motoria è praticamente ridotta al tessuto corticale deputato alla locomozione volontaria, come ha mostrato Christophe Degueurce precedentemente.

Da qui la necessità di interrogarci sull'intenzione della nostra equitazione sapiente e sui limiti che impone al cavallo montato. Quando il cavaliere cerca di fissare la posizione dell'avan-mano nel Ramener, in quale misura egli modifica la libertà di movimento del cavallo?

Al cavaliere vengono offerte diverse opzioni. Una tra le più ampiamente diffuse oggi vuole che la locomozione possa realizzarsi e svilupparsi qualunque siano le costrizioni imposte all'avan-mano e persino grazie a queste.

Un'altra via si apre invece a quanti si propongono di esaminare il cavallo in libertà per poi cercare di controllare l'equilibrio conservandone la plasticità posturale (senza alterarne le andature, ndt) e accompagnando i movimenti locomotori naturali.

Con l'impiego di aiuti adeguati, la libertà lasciata ai movimenti dell'incollatura, della testa, della lingua e della mascella inferiore del cavallo dovranno orientarci verso la pratica di una nuova equitazione alla francese. Ed è quella che cercherò di esporre con gli argomenti qui di seguito.


XENOPHON, LE ORIGINI DELL'EQUITAZIONE SAPIENTE

Questa ambizione di ritrovare, sotto il cavaliere, la bellezza delle andature del cavallo in libertà emerge dall'antica Grecia nell'opera di Senofonte, "Dell'Arte Equestre", scritto a Scillonte tra il 391 e il 371 a.c. ed è il primo trattato pervenuto nella sua interezza.

Senofonte descrive per il cittadino ateniese il bello e buon cavallo, come acquistarlo, mantenerlo ed addestrarlo nella prospettiva della guerra e della difesa della città. Alla fine dell'opera, si parla poi di un'altro cavallo: quello montato per le cerimonie e per gli onori agli Dei, e quello che piace agli Dei dei greci è la bellezza.

La processione delle Panatenee scolpita da Phidias (Fidia) per ornare il Partenone.


LA RICERCA DEL BELLO E DEL BENE

"Se qualcuno, montando un buon cavallo da guerra, vuole rendersi appariscente e prendere le più belle andature, si guardi bene dal tormentare, vuoi tirando la briglia, vuoi pungendo con lo sperone, vuoi sferzando con la frusta pensando di apparire brillante. Conducetelo, al contrario, con una mano leggera, senza che le redini siano tese, rilevando la sua incollatura, e riconducendo la sua testa con grazia, egli prenderà l'andatura fiera e nobile come quella nella quale si piazza da solo, come quando si ritrova in mezzo ad altri cavalli, soprattutto se ci sono femmine, è allora che rileva di più la sua incollatura, riconduce la sua testa in un'aria fiera e viva, leva elegantemente gli arti e porta la sua coda alta. Tutte le volte che si saprà portarlo a fare quello che fa da solo quando vuole apparire bello, ci si ritroverà un cavallo che, lavorando con piacere, avrà l'aria viva, nobile e brillante."

La ricerca del bello considerato come mezzo d'accesso "al vero" si accompagna qui alla nozione aristotelica dell'imitazione della natura che è "bella e buona". Il cavallo che lavora con piacere dimostra che si tratta di una forma di presa di coscienza autonoma, vale a dire una forma di elevazione di se stessi, di accesso ad una verità interiore che si manifesta per un trasporto di gioia, tanto dalla parte del cavallo quanto del suo cavaliere.

Dal punto di vista che interessa a noi, possiamo sottolineare due punti essenziali presenti in questo testo che sono le due intenzioni poetiche e filosofiche sulle quali si basa la nostra equitazione sapiente: la dolcezza del mezzi impiegati dal cavaliere per indicare la sua volontà, e ridare al cavallo montato tutta la grazia degli atteggiamenti e dei movimenti che presenta in libertà quando vuole apparire bello e mostrare tutta la sua forza.


STESSE INTUIZIONI NEL RINASCIMENTO

Venti secoli più tardi, in occidente, al debutto del rinascimento italiano, riappare una equitazione fondata sulla dolcezza dei metodi impiegati. Ferdinando d'Aragona in una lettera del 23 maggio 1498 al marchese di Mantova lo specifica bene:

"Per rispondere qui a ciò che mi avete chiesto, sarebbe a dire, se è necessario che un cavallo ben addestrato debba obbedire bene tanto alla gamba quanto alla mano come se, senza l'azione ripetuta dell'una o dell'altra, non se ne potessero dirigere tutte le operazioni decise dal Cavaliere; allora avrete altrimenti visto le evoluzioni di cavalli senza alcun apparente aiuto da parte del cavaliere che sembrava immobile usare solo le gambe, e ancora altri che hanno ben condotto il loro cavallo senza aiuto delle stesse. Ebbene in funzione del mio sapere e nella logica del nostro ragionamento, voglio rispondervi che, data la funzione della mano che è di guidare le spalle, quella delle gambe di guidare le anche, la distanza che esiste tra le spalle e le anche e infine il fatto che queste sono due parti opposte, si arriverà con l'arte dell'addestramento a fare in modo che il cavallo operi con una perfetta sincronizzazione delle membra anteriori e posteriori. Ma è anche vero che, una volta che il cavallo è addestrato e che comprende tutti gli aiuti, si può montare senza di essi, ma questa è scuola per Principi".

L'equitazione sapiente diventa così la metafora dell'esercizio del potere politico. Il sovrano che padroneggia il suo cavallo senza toccarlo, ha acquisito per quello la capacità di governare gli uomini senza impiegare la forza.

Qualche anno più tardi, i metodi impiegati per arrivarci sono esposti per Federigo Grisone, gentiluomo napoletano e primo écuyer italiano dei tempi moderni ad aver pubblicato un trattato (nel 1550). Egli descrive così quello che chiama il "fondamento della sua dottrina":

"(Quando un cavallo) entra nella mano, il muso retratto per avvicinarsi alla verticale, egli non sarà solo più fermo di bocca, ma anche terrà il suo collo fermo e fisso senza più muoverlo dal suo posto, e con un appoggio dolce accompagnerà e legherà così la bocca con il morso, continuando a masticarlo, che sembrerà che con esso vi sia miracolosamente nato."

Questa citazione rende la descrizione esatta di quello che noi chiamiamo la "messa in mano", tecnica di base dell'equitazione antica praticata in Francia in seguito alle guerre d'Italia, come del baucherismo che rappresenta un rinnovamento dell'equitazione sapiente francese del XIX° secolo.

François Ier a cavallo, per J. Clouet


LA RICOSTRUZIONE POSTURALE DEL CAVALLO

Per mettere in essere il loro scopo, gli écuyers italiani facevano lavorare i loro cavalli in un equilibrio particolare per ottenere una migliore mobilità in tutti i sensi, ma soprattutto che "combinava mobilità, confort e leggerezza". Quest'equilibrio era ottenuto grazie ad una "modificazione nel tempo sostanziale e profonda della POSTURA DEL CAVALLO" (Dominique Ollivier, Dictionnaire d'équitation, Agence cheval de France, 2003, p. 249) non soltanto nell'avan-mano con il "piego" (ramener n.d.t.) ma in tutto il suo insieme con la "riunione" (rassembler n.d.t.).
Il concetto di "ricostruzione posturale del cavallo" è stato evidenziato e definito da Dominique Olliver, "Ruolo dell'assetto nell'equilibrio dinamico della spalla in dentro" in "François Robichon de La Guérinière, écuyer du Roi et d'aujourd'hui", seminario del 14 luglio 2000 all'Ecole nationale d'Equitation (dir. Patrice Franchet d'Espèrey), Belin, 2000.


I DUE ASPETTI DELLA RIUNIONE

LA RIUNIONE SI CARATTERIZZA PER:
- l'avanzamento dei posteriori per una maggiore presa in carico della massa
- il rifluire del braccio di leva testa-incollatura al di sopra della base di appoggio anteriore

© D. Ollivier


LA RIUNIONE COMPORTA DUE ASPETTI:
A - la bascula del bacino
B - il raddrizzamento dell'incollatura

© D. Ollivier


IL CAVALIERE DI FERRO

La posizione detta del "cavaliere di ferro" Kiba-dachi (in giapponese 騎馬立ち) è una posizione di guardia comune a molte arti marziali giapponesi che permette di comprendere meglio l'influenza dell'uomo sull'equilibrio del cavallo.



LE DUE OPZIONI DI ADDESTRAMENTO

Per arrivare a mettere il cavallo in un equilibrio riunito stabile, per padroneggiare e influenzare i suoi movimenti, il cavaliere può scegliere tra due tecniche che consentono:

- una, di fissare la testa e l'incollatura sin dall'inizio dell'addestramento
- l'altra, di stabilizzarli durante il corso dell'addestramento in funzione dei progressi, dell'equilibrio e della decontrazione

A sinistra: Fels montato dal Colonnello Gerhardt, a destra: Vallerine montata dal Capitano Beudant

La prima opzione corrisponde al modello biomeccanico del "cavallo compresso su se stesso".
La metafora che si applica in questo caso è quella del fioretto spinto contro un muro.
È la tecnica che vuole il CAVALLO SULLA MANO.


Un cavallo è sulla mano quando: "spinto in avanti dalle gambe e avendo smesso di resistere con l'incollatura e con la nuca, conserva con la mano un contatto costante e ne accetta le azioni senza limitazioni".

Questa tecnica usa il punto di appoggio sulla mano, invenzione di Antoine d'Aure esposta nel suo corso d'equitazione militare del 1850.

Per ottenerla, l'azione delle gambe precede quella della mano, cosa che ha per conseguenza di creare un contatto costante tra la bocca del cavallo e la mano del cavaliere su delle redini tese.

L'equitazione sportiva, comprese le competizioni di dressage, trovano in questa tecnica un mezzo molto adatto allo sviluppo della potenza muscolare del cavallo considerato come un atleta destinato alla performance.




La seconda opzione corrisponde al modello biomeccanico del "cavallo che si fa grande da solo".
La metafora che la caratterizza è quella della canna da pesca.
Più questa canna si verticalizza alla base, più si arrotonda alla sua sommità.
La tecnica utilizzata è quella detta della MESSA IN MANO.



Che si definisce come: "la decontrazione della bocca nel ramener. È un movimento della lingua analogo a quello fatto nella deglutizione e che solleva il filetto o il morso".
Generale Albert Decarpentry, Equitation académique, 1947.

Nell'impiego degli aiuti che caratterizzano la messa in mano, questa comincia il primo effetto e le gambe accompagnano questo movimento, così come descrive de La Guérinière nell'Ecole de cavalerie nel 1733.

L'appoggio sul morso torna momentaneamente al contatto minimo grazie alla discesa di mano, durante la quale il cavallo mantiene da sè la sua postura, anche quando il cavaliere dovesse rendere la mano e lasciar continuare il movimento da solo, con le redini completamente flottanti.

La messa in mano è orientata alla ricerca della flessibilità delle molle del cavallo, considerandolo come un ballerino classico che vuole esprimere un intento poetico e filosofico (artistico n.d.t.), così come abbiamo già esposto con Senofonte. La messa in mano è il fondamento dell'arte dell'equitazione alla francese.





COME SI PUÒ MANTENERE LA POSTURA DEL CAVALLO VINCOLANDOLO IL MENO POSSIBILE?

Osserviamo muoversi il cavallo in libertà.
La locomozione dei cavalli è simile a quella delle galline, l'incollatura e la testa avanzano e arretrano a ciascuna falcata su una linea pressoché orizzontale per ciò che riguarda la bocca; la nuca si apre e si chiude di conseguenza, e questo alle tre andature, anche al trotto nonostante l'occhio non lo percepisca. Così, l'incollatura ha oscillazioni verticali che fanno parte della coordinazione motoria ereditaria (movimenti istintivi n.d.t.) così come le gambe.

Dalla mascella passando per la nuca fino alle ultime vertebre cervicali ci sono una serie di articolazioni di cui dobbiamo tenere conto. I loro movimenti sono necessari alla locomozione e si manifestano all'occhio per apertura e chiusura della nuca a ciascuna falcata. Questi movimenti devono essere preservati.

In più, quando l'articolazione della mascella si mobilizza sotto l'effetto di una tensione di redine, la mano deve poi lasciare la mascella inferiore tornare a riposo, a contatto della mascella superiore.



IL CERCHIO INFERNALE

La mano che cerca di tenere la testa del cavallo modifica la traiettoria naturale della bocca e l'insieme dei movimenti dell'avan-mano.
Se la mano si posiziona ad un punto fisso, essa diventa il centro di una circonferenza dove le redini ne sono il raggio.

Non potendo più avanzare la testa, i movimenti della bocca avverranno per conseguenza su un arco di cerchio, dal basso in alto e dall'alto in basso e più o meno verso l'indietro. Farà dunque una sorta di beccata caratteristica, e il profilo del naso passerà regolarmente dietro la verticale, senza quando ci si posiziona definitivamente.




INFLUENZARE SENZA DISTRUGGERE

Per uscire da questo impasse e conservare i movimenti naturali pur stabilizzando l'avan-mano in una nuova postura (rilevando, abbassando, in ramener, secondo i bisogni) bisogna accompagnare questi movimenti per poi poterli influenzare (senza perturbarli, bloccarli o distruggerli), permettere loro di guadagnare in ampiezza oppure ridurla se necessario, ma il tutto lasciando che avvengano.

È un campo di ricerca che si apre.

Nel video che segue, propongo un primo approccio. Non entro nel dettaglio della tecnica utilizzata al fine di permettere a ciascuno di sviluppare l'argomento a modo proprio.





LA CARRIERA DEL CAVALLO KATIKI

Il cavallo Katiki, rieducato da maneggio dopo un'eccezionale carriera nelle corse, ha contribuito ad illustrare il mio proposito.
Vedrete nel video seguente come aveva deciso di non voler più partire.
La seconda parte lo mostra dopo essere passato nelle mani di Nicolas Blondeau: finalmente parte correttamente e vince la corsa.
Tutto sta nello sviluppo del suo galoppo. Il suo equilibrio, molto differente da quello filmato in maneggio, permetterà a ciascuno di farsi un'idea del cammino percorso durante la sua seconda carriera.





PER CONCLUDERE

L'Unesco raccomanda di "salvaguardare il patrimonio culturale senza restarvi ancorato" (traduzione personale di "sauvegarder sans figer" n.d.t.). In questo spirito propongo una citazione del dottor Suzuki che fù il primo zenista a rompere il silenzio ed esporre questa dottrina all'occidente:
"Non cercate di camminare sulle tracce degli Antichi; piuttosto cercate anche voi quello che hanno cercato loro".
Suzuki, Les chemins du Zen, Ed. du Rocher, 1990

Per completare questa ricerca, suggeriamo che si possa agire e sperimentare sempre con l'innocenza del primo che è arrivato al risultato:

"Il maestro che crea per la prima volta il tai ji è grazie alla rivelazione per l'illuminazione del suo essere e per la coscienza che gli è stata donata dalla natura del suo corpo. È il suo stesso corpo che lo istruisce; è lui il suo maestro di saggezza... Il maestro elabora allora questa magnifica serie di movimenti nella sua purezza originale, cioè non ostacolata da un sapere impoverito dall'esterno (di seconda mano n.d.t.) o modificato da ciò che ci si aspetta dagli altri.
Nella sua forma più pura, ad un grado elevato, il tai ji diventa quasi invisibile: talmente sottile che voi non potrete più vedere la successione delle figure; talmente sfuggente che non avrete più punti di riferimento a cui aggrapparvi: non ci saranno più strutture prestabilite. L'unico modo per trovarlo a vostra volta, sarà di penetrare e apprendere ciò che è praticandolo voi stessi. I principii astratti non vi insegneranno molto perché provengono da conoscenze esterne."
Chungluang Al Huang, Tai Ji, danse du Tao, Trédaniel, 1986




domenica 4 dicembre 2011

Gambe si, gambe no?



Riporto qua la traduzione di estratti del testo di cui parlavo con un amico (sperando di far cosa gradita) a proposito della scelta di utilizzare o meno le gambe in certi momenti dell'addestramento del cavallo.

Per scongiurare la possibilità di pensare che le gambe non si usino per niente (che non è vero) va fatto notare solo questo: e cioè che in questi estratti si sconsiglia l'uso delle gambe come correttivo di un errore di rettitudine del cavallo. L'autore insomma individua delle situazioni in cui comunemente chiunque le userebbe e mette in guardia sul fatto che in quella circostanza è sostanzialmente fatica inutile. Promuove invece, per correggere l'asimmetria innata di ciascun cavallo, come prima cosa un lavoro più metodico sulle spalle fatto usando le mani.
Sono solamente alcuni paragrafi presi a campione, non escludo che leggendo con calma se ne possano trovare altri. Ovviamente di altrettanti se ne trovano a favore dell'uso delle gambe, ma come ho già detto mai, soprattutto all'inizio dell'addestramento, con lo scopo di correggere l'errore di rettitudine naturale che ciascun cavallo presenta a vari gradi.
Il motivo non scritto di questa decisione ma che appare ovvio a chi ha un minimo di esperienza è chiaro: preservare il potenziale delle gambe per usarle con più efficacia solamente al momento giusto, quando veramente servono.

Raddrizzare un cavallo
Il mezzo più semplice e più pratico per arrivarci consiste nell’insegnare al cavallo a prendere facilmente, su richiesta del cavaliere, il piego inverso. E’ quindi rendendo le due “incurvazioni” ugualmente facili, sia a destra sia a sinistra, che si riesce a raddrizzare un animale che ha la tendenza a piegarsi solo da una parte. Ma tali incurvazioni devono essere ottenute soltanto con la mano, con il cavallo leggero e con la testa piazzata. Bisogna cercare di non aiutarsi con le gambe, di non impiegare, per esempio, l’effetto diagonale, che agisce sul treno posteriore e lo sposta, visto che spesso questo ritorna nella primitiva posizione non appena cessa l’azione della gamba opposta, cosa che comporterebbe quindi un lavoro senza via d’uscita. Per riassumere, non si tratta qui di mobilizzare la groppa attorno al treno anteriore, ma è la traslazione del peso di una spalla verso l’altra, prodotta grazie alla redine d’appoggio, che ha come conseguenza quella di piegare leggermente il cavallo in senso inverso alla sua inclinazione naturale. Così, anche se sembra che il cavallo abbia le anche e la punta del naso spinte dal lato opposto, in realtà sono soltanto le spalle che, cedendo all’azione della mano, si sono un po' piegate nel senso in cui è stato fatto “cadere” il peso dell’incollatura. E’ inutile dire che questo metodo, suggerito per lottare contro la tendenza particolare di un cavallo a prendere un piego vizioso, non esime dall’attenzione costante che deve avere il cavaliere di posizionare e mantenere il proprio allievo, malgrado le esigenze dell’addestramento, ben dritto di spalle e di anche, ad ogni andatura, da fermo, o mentre rincula. (...) Ogni volta che il cavallo si mette un minimo di traverso, fermarlo. Piazzarlo perfettamente diritto, soprattutto di spalle, poi avanzare di nuovo.
Metodi per mettere dritto un cavallo
All'inizio della preparazione, appena l’animale si mette un po' di traverso (...) se porta in avanti la groppa, per esempio a destra nel galoppo a destra, bisogna, quando la mascella cede ed è morbida, appoggiare leggermente la redine sinistra sull’incollatura per rigettare il peso del treno anteriore sulla spalla destra, in questo modo le anche si spostano a sinistra e la punta del naso si porta da questo stesso lato. In una parola, si corregge un piego dando all’animale, con un effetto delicato, il piego contrario. Ma bisogna evitare di servirsi delle gambe.
Come si arriva al piaffer
(...) quando, nel piaffer, il cavallo mette la groppa di traverso, è sempre perché oppone una resistenza di forze alla mano. La groppa di traverso ne è l’effetto. Lacausa è la resistenza di forze.

Tratto da “Addestramento metodico del cavallo da sella, dagli ultimi insegnamenti di Baucher, raccolti da un suo allievo.” (Faverot de Kerbrech)

venerdì 29 luglio 2011

Speroni Anja Beran


Se state cercando degli speroni dallo stile pulito ed essenziale, arditi a sufficienza da arrestare il più ribelle dei destrieri o cacciare avanti il più pelandrone dei somari (posto che sappiate come e dove usarli) il modello che trovate nello store online di Anja Beran (mirabile cavallerizza) non vi deluderà.
Basta un click ed arrivano a casa in pochi giorni ed il pagamento è previsto DOPO il ricevimento merce, fatto questo che mi ha spiazzato non poco: esiste gente che spedisce merce prima di essere pagata? incredibile!

Speroni ricurvi (e con una bella punta) sul modello portoghese utilizzato da Nuno Oliveira
-L'effetto d'insieme questo sconosciuto-

giovedì 21 luglio 2011

Intervallo

Frisone lavoro alla corda, estensione
Lunging friesian, neck extension

mercoledì 13 luglio 2011

Il Maestro che non quadra







Oliveira era un gran furbone (o forse un gran saggio) che si guardava bene dall'insegnare agli altri i procedimenti che usava. Diversamente li avremmo visti utilizzare dai suoi successori, li avremmo trovati approfonditi nei suoi scritti.
Invece no.
Procedimenti sostanzialmente baucheristi, baucherizzanti, e faceva un uso notevole dello sperone. Chi conosce certe tecniche ed ha occasione di vederlo montare, magari in video privati, se ne rende conto.

Possiamo pensare che nella sua posizione, cioè con la capacità di servirsi di tecniche anche estreme ma guidate dalla sua sensibilità, rendendosi conto di avere a che fare con un mondo di "mediocri", che cosa avrebbe dovuto insegnare? che cosa avrebbe dovuto cercare di trasmettere al resto dei normali cavalieri?
Ha voluto evidentemente fare una scelta molto netta, probabilmente anche dettata dal periodo storico in cui viveva, forse un po' troppo "duro" verso i cavalli (non che oggi si vada per il sottile ma è evidente una maggiore attenzione al benessere animale), ed ha taciuto completamente certe pratiche che avrebbero rischiato di essere stravolte ed utilizzate a sproposito a favore di concetti a più ampio respiro, di un "addolcimento" dell'idea di addestramento.
Così facendo però chi possiede la tecnica trova sì nei suoi scritti spunti di riflessione molto giusti, ma chi già non la possiede rischia di trovare solo una lettura per passare il tempo, magari i problemi restano e ci si autoconvince di non averli più solo perché "si è letto Oliveira".

È stata una scelta la sua per me molto strana, perché credo che le qualità che il Maestro auspica nei suoi scritti: sensibilità, giustezza, amore, non siano meno rari nei cavalieri (sempre un po' pieni di sè) dell'avere la conoscenza delle tecniche.. quindi per me è lo stesso.. sia che un insegnante punti sulle doti "umane", sia su quelle "tecniche", sarà comunque molto difficile formare un buon cavaliere se quest'ultimo non ha già in sè i germogli di entrambi. Allora perché evitare accuratamente di parlare e approfondire certe tecniche che comunque gliele si vede praticare? Mistero.

sabato 14 maggio 2011

L'Antilallista

Un amico lontano, di cui ho comunque stima, con il pretesto di divertirsi e dire le cose come stanno, ha recentemente commentato "a modo suo" la piccola pubblicazione del condizionamento operante, evidenziando diverse mancanze e mettendo in luce che alcuni argomenti si prestavano a fraintendimenti. Ho perciò rivisto alcune parti.

Sicuramente non è perfetto, perché non sono un ricercatore qualificato, ho cercato di attenermi ad argomentazioni valide e le metodologie descritte sono senza dubbio verificate e vere. Piuttosto l'ingrata materia trattata, per sua natura, si presta sempre ad interpretazioni. Non c'è nemmeno il bisogno, poi, di sottolineare che un breve testo che spiega l'approccio all'addestramento da un punto di vista della Teoria dell'Apprendimento non fornisce certo risposte a tutti gli aspetti dell'equitazione.


"Forte di un certo bagaglio teorico pratico" come più o meno dice di avere, e trascinato com'è dalla sua personale crociata contro quello che definisce il "lallismo" (ovvero tutti gli utilizzi del cavallo diversi da quello che intende lui), gli capita di tralasciare argomenti per i quali è certamente più versato ed esordire invece con post che non considerano per nulla gli sforzi altrui verso un'equitazione più coscienziosa e meno istintiva, come invece sembra essere la sua.

L'apprendimento del cavallo, da cui deriva l'addestramento, è un campo in cui serve qualche indicazione in più del semplice "saper amministrare bene bastone e carota" come vuole sommariamente farci intendere.

L'unico disprezzo che possiamo avere verso l'utilizzo delle tecniche di condizionamento, di ammaestramento, di "lallitazione", è quando queste vengono spacciate per altro sulla pelle (o meglio sul portafogli) di inesperti che, non sapendo riconoscerle, possono farsi raccontare di tutto da pseudo-maestri. Ma quando queste, chiamate con il loro nome ed utilizzate nella giusta misura, sono integrate alle conoscenze di un addestramento classico non possono che giovare alla buona equitazione.

Direi che da quello che ci racconta e dai mezzi che usa, per il mio amico calza proprio a pennello la conclusione del testo: "Per un addestratore o un cavaliere che non si è mai posto il problema di vedere l’addestramento da un punto di vista “pedagogico” nei confronti del cavallo, qualsiasi tecnicha che va in questo senso è semplicemente inconcepibile, in effetti, le alternative all’uso della forza sono giudicate pazzesche, pericolose, impossibili."

lunedì 21 marzo 2011

L'Attitudine

"Per quanto una teoria sia chiara o i suoi principi siano esatti, il professore non può trasmettere a tutti quella scintilla che è l'attitudine, la vocazione che porta al successo. Se le idee teoriche, spiegate e motivate, non fanno subito eco nello spirito dell'allievo, se la sua intelligenza non è toccata come una scossa dai principii, allora manca l'ispirazione. Tutti gli sforzi del professore lotteranno con fatica contro l'inattitudine."

(F. Baucher)